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07 gennaio 2018

Guerra in Libia? Parliamo di logistica






Non siamo soliti pubblicare comunicati di sigle sindacali (neanche di base). Questa volta facciamo un'eccezione.

Primo perché il picchetto di cui si parla è stata un'esperienza piuttosto significativa, almeno per il Trentino. A colpirci non è stata solo la determinazione dei facchini nel tenere il picchetto, ma il grado di coscienza e di solidarietà che emergeva dalle discussioni.

Secondo, per i contenuti e per lo “stile”. Non capita spesso che un sindacato di base (o un qualsiasi altro gruppo “militante”) parli di un episodio di lotta in cui è stato coinvolto senza mai nominare se stesso, dando importanza alle scelte dei lavoratori e basta. E ancor meno spesso capita di leggere che, “a prescindere dai risultati sindacali”, “è stato giusto colpire” (tra l'altro colpire non è in questo caso un verbo retorico, perché il picchetto ha provocato effettivamente centinaia di migliaia di euro di danni alla controparte). È uno “stile” che ci piace, risultato di anni di lotta. Quanto ai contenuti, ci sembra molto importante il collegamento fra la politica che il capitalismo conduce in Libia e gli schiavi che vuole sfruttare qui, nella logistica e non solo. Quelli rinchiusi e torturati e quelli messi al lavoro sono spesso gli stessi proletari.

Se nelle lotte a venire diventasse esplicito ciò che oggi è implicito (che opporsi allo sfruttamento e opporsi alla guerra sono la stessa cosa), allora per i padroni, per le loro frontiere, i loro lager e le loro merci comincerebbero i danni seri.

BARTOLINI DI ROVERETO:
IL DISGELO CONTINUA A PARLARE AFRICANO!
Dopo alcuni incontri preparatori gli operai decidono di passare all’attacco e organizzano lo sciopero per mettere fine ad una situazione diventata insostenibile:
- Livelli di inquadramento da apprendistato, o poco più
- Istituti contrattuali defraudati del 40%
- Contratti precari che imperversano
- Indennità di malattia tagliata
In poche parole, anche alla BRT, e nonostante gli accordi sindacali stabiliti col SI.Cobas, il copione musicale non è cambiato di molto: dove ci sono le cooperative, dove la manodopera non è di madrelingua italiana e dove l’opposizione si riduce a formali accordi sindacali, imperversa la solita vecchia legge dei padroni, quella dello sfruttamento operaio!
Una lezione che gli operai della BRT di Rovereto, dopo averla imparata sulla propria pelle, hanno tradotto in azione conseguente: abbandonando l’infruttuosa strada degli accordi sindacali, utili alle aziende per imporre la pace sociale e, quindi alla propria libertà di trasformare il salario e i diritti acquisiti in «concessioni democratiche» (ma si sa: le concessioni non sono altro che le briciole che cadono dai loro tavoli miliardari).
Una lezione che si è tradotta in un «passare all’azione», senza cercare alcuna elemosina legata a qualche trattativa e raccogliendo il prezioso sostegno di diverse decine di compagni di Rovereto a cui va tutto il nostro plauso per la coerenza con cui hanno tradotto i loro principi di classe e di lotta all'ingiustizia del capitale.
Lo sciopero, con blocco totale dei mezzi inizia alle 17,30 del 21 dicembre è proseguito, in un clima gelido, fino alle 22,30. 
Un clima gelido contrastato però dal calore della lotta che qui, come nella maggioranza delle situazioni combattive che si sono avvicendate nell’ultimo decennio nella logistica italiana, parla lingue e dialetti provenienti da oltre i confini meridionali del Mediterraneo. Provenienti cioè dalla vituperata e devastata Africa, oggetto di scorribande occidentali di ogni tipo, teatro di guerre utili alle multinazionali sia per gli interessi diretti (basti pensare all’italianissima ENI, unica azienda a non aver abbandonato la Libia, anzi ad averne fatto base di partenza per proseguire sulla strada della ulteriore nuova spartizione imperialista dell’Africa) sia per quelli che ne derivano dall’enorme esercito di riserva che, provenendo esattamente da quel continente, si trova costretto a fornire nuova schiavitù nelle metropoli occidentali che dirigono le operazioni.
A ben pensarci, l’enorme danno creato dallo sciopero di stasera, è ben poca cosa rispetto al business internazionali che si consuma almeno due volte sulla pelle dei proletari africani.
A ben pensarci, a prescindere dai risultati sindacali che ne conseguiranno, È STATO GIUSTO COLPIRE!
Seguono news.

SINDACATO OPERAI IN LOTTA - COBAS
21 dicembre 2017