A proposito del tentato incendio a Soraga
Sarà il caso che chi continua a considerare il Trentino una sorta di “isola felice” cambi in fretta parere. Tra le dichiarazioni ufficiali ‒ rassicuranti e ipocrite insieme ‒ e ciò che ribolle nella società c'è un profondo scarto, soprattutto nelle valli.
Se il tentato incendio di un hotel a Soraga contro l'arrivo di una trentina di immigrati è per il momento un'azione isolata, sarebbe da incoscienti non notare che essa raggruma sentimenti ben presenti in una parte della popolazione. Spesso ciò che trattiene dal mettere in pratica chiacchiere e propositi razzisti da bar non è un residuo di scrupolo morale, bensì la vigliaccheria e l'incapacità di organizzarsi. Basta allora che dei gruppi fascisti o leghisti sappiano soffiare abilmente sul fuoco perché il crescente rancore sociale si indirizzi verso il capro espiatorio di turno: lo straniero povero.
La Val di Fassa, soprattutto fra Predazzo e Canazei, è una delle zone più ricche d'Europa. La monocultura del turismo ha corrotto non solo l'ambiente, ma anche gli animi. Sono migliaia e migliaia i “foresti” che affollano alberghi, negozi e piste da sci. Foresti abbronzati, con gli occhiali da sole e, soprattutto, con i portafogli gonfi. Mica straccioni che arrivano dall'Africa, dall'Afghanistan o dalla Siria, i cui volti ci ricordano qualcosa che i nostri nonni conoscevano molto bene e che noi non vogliamo più vedere: la povertà. Ecco ciò che politici e opinionisti vari non diranno mai, e cioè che il razzismo sgorga dal sentimento della merce, della proprietà, del denaro. Incapaci di cogliere le cause per cui milioni di esseri umani sono sradicati dalle loro terre; incapaci di difendere le proprie terre dalla vera “invasione”: quella del cemento e di una vita comoda e privatizzata, è molto più confortevole pensare che il Nemico venga da lontano e parli una lingua diversa.
Ciò che si vende al turista, e che il turista compra, è una bellezza naturale di cui non abbiamo alcun merito e che non abbiamo fatto nulla per preservare. Ben poco di cui andare orgogliosi.
Non illudiamoci di essere una “comunità”. A tenerci insieme sono soltanto chiacchiere e affari, il conformismo e la paura che cali anche solo un po' il nostro reddito.
A differenza di politici, giornalisti e preti, noi non siamo contro la “violenza”. Quello che ci disgusta è che a farne le spese non sia chi specula sulle nostre vite e sulle nostre paure, bensì gli ultimi fra gli ultimi. Non basta riempire una tanica di benzina per diventare “coraggiosi”. Non c'è nulla di più vigliacco che prendersela con chi ha ancora la guerra e la morte negli occhi (e che non ha certo scelto di finire in Val di Fassa). Anzi, qualcosa di più vigliacco c'è: approvare simili gesti in silenzio o nel chiuso di un bar.
abbattere le frontiere
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